Il mondo intero trattiene il respiro, si emoziona, sogna. Trenta milioni di spettatori seguono con gli occhi incollati allo schermo ogni mossa dei protagonisti. C’è chi si commuove e piange, chi esulta e gioisce, chi mastica amaro e soffre per l’invidia.
No, niente calcio, non è una partita a fermare il pianeta e a mettere in moto i cuori, ma un matrimonio, anzi “il” matrimonio, quello da antologia, da libro dei sogni.
Il 19 aprile del 1956, Grace Kelly sposa Ranieri III di Monaco, il sovrano del Principato di Monaco.
La storia di un’attrice che diventa principessa per amore e il meraviglioso abito che indossa consegneranno questa cerimonia alla storia.
In realtà, le cerimonie furono due. Come previsto dal Codice Napoleonico, infatti, il giorno prima, ossia il 18 aprile, nella Sala del Trono del Palazzo dei Principi ebbe luogo il rito civile, alla presenza di ottanta invitati, tra cui i rappresentanti istituzionali di ben ventiquattro nazioni straniere.
Grace indossa un abito di taffetà rosa chiaro, completamente ricoperto di pizzo francese color crema, in due pezzi, con collo alto e una gonna svasata. Un paio di guanti e una calottina alla Giuletta completano il quadro.
Il 19 aprile, invece, ecco il rito religioso: una messa solenne nella splendida Cattedrale di Monaco, decorata con gigli bianchi e rossi, Antirrhinum, cesti di fiori e candelieri, con più di settecento invitati tra celebrità, industriali, personaggi dello spettacolo e membri delle famiglie reali di mezzo mondo.
Grace, radiosa, arriva al braccio di suo padre, John Kelly.
Suonano le trombe, ed ecco arrivare lo sposo (così comanda la tradizione monegasca: prima la sposa, poi lo sposo).
Le telecamere della Metro Goldwyn Mayer inquadrano e raccontano ogni secondo del rito.
Grace Kelly e Ranieri III di Monaco si giurano amore eterno, prima in francese e poi inglese.
Così come quello del rito civile, anche l’abito della cerimonia religiosa è stato cucito dallo studio di sartoria di Helen Rose. Più che un semplice abito da sposa, si tratta di una vera e propria impresa: ci sono voluti ventitré metri di taffetà, novanta metri di seta pura, peau de soie, tulle, un pizzo di Bruxelles di 125 anni e ben sei settimane di lavoro di circa quaranta persone, tra sarte e assistenti. E, ancora, altri novanta metri di tulle per realizzare il velo della sposa, piccole perle e fiori di arancio per decorare il suo copricapo, e mughetti per comporre il bouquet.
Non si tratta di un semplice vestito, ma di un’autentica opera d’arte, esposta oggi al Philadelphia Museum of Art.
“La gonna a campana in faille avorio, sostenuta da tre sottovesti attaccate, si apre a ventaglio in un grazioso strascico di pizzo. Il corpetto a collo alto di antico pizzo di Bruxelles è stato ricamato per rendere invisibili le cuciture, e poi ornato con perle.”
Così si legge sul sito web del Museo di Philadelphia, che ospita questo insuperabile capolavoro di sartoria.
“Il pizzo, impreziosito da perle, copre il libro di preghiere, le scarpe e il berretto che lo accompagnano, sormontato da una corona di fiori d’arancio. Il velo circolare è stato disegnato appositamente per non oscurare il bellissimo volto della sposa.”